L’importanza di valutare il rischio biologico dopo la pandemia
Il rischio biologico è un argomento ampiamente dibattuto, ma molto spesso sottostimato a causa della diffusa ignoranza di nozioni tecniche specifiche. Soprattutto perché fino ad un paio d’anni fa non avevamo compreso l’importanza di questo concetto. Solo in seguito alla diffusione globale di Covid- 19 e ai numerosi episodi di focolai di contagio sui luoghi di lavoro e in luoghi pubblici non adeguatamente protetti, questo tema è stato rilanciato da tutti i mezzi di comunicazione e ne è scaturita un’accesa discussione a tutti i livelli.
Avere un’idea precisa di cosa sia il rischio biologico è di vitale importanza per garantire la sicurezza sul luogo di lavoro e la salubrità di luoghi chiusi aperti al pubblico. Serve a tutti gli imprenditori per attivare meccanismi di valutazione, prevenzione e protezione dei dipendenti e dei clienti in transito nei locali dell’azienda.
Che cos’è il rischio biologico?
A questo punto è necessario introdurre una definizione chiara del concetto di Rischio Biologico. Per Rischio Biologico, dunque, s’intende il rischio associato all’esposizione di un soggetto ad agenti o a sostanze di origine biologica potenzialmente dannosi per la salute.
Senza addentrarci in nozioni scientifiche altamente specifiche, possiamo limitarci a dire che consideriamo come fattori di rischio biologico tutti i microrganismi, i batteri, i virus e le tossine. Tutti questi organismi, infatti, sono in grado di produrre effetti negativi sulla salute di un individuo poiché possono indurre allergie, infezioni e intossicazioni.
I livelli di virulenza, intesa come capacità di trasmissione, e di patogenicità, ovvero la capacità di provocare una malattia nell’organismo ospitante, di ciascun agente biologico ovviamente sono molto eterogenei. Si stila quindi una classificazione di pericolosità dei microrganismi che pone in cima alla lista quelli con il più alto grado di virulenza e patogenicità.
È evidente che nel 2021 si debba valutare attentamente il rischio biologico in qualunque ambiente, ma in particolare nei luoghi di lavoro. A questo proposito, pensiamo sia opportuno rifarsi alla normativa vigente in materia nel nostro paese: art. 267 del Decreto Legislativo 81 del 2018.
Come proteggere i lavoratori
Oltre ai normali DPI (dispositivi di protezione individuali) definiti dalle mansioni degli operatori di fronte alla nuova pandemia di COVID19 non possiamo sottovalutare che i virus e batteri si trasmettono principalmente per via indiretta. Ciò significa che la trasmissione avviene nella maggior parte dei casi attraverso un vettore. Il vettore veicola il virus o il batterio da un individuo malato o portatore senza sintomi ad uno sano.
Questo vettore molto spesso è banalmente l’aria che respiriamo all’interno di un luogo chiuso. Spesso, il contagio avviene per mezzo di piccolissime goccioline disperse nell’aria. Qui i microorganismi possono sopravvivere per lungo tempo, a volte invece l’agente infettivo può depositarsi sulla superficie di polveri sottili inalabili.
Da qui, la necessità di trattare con grande scrupolo ed attenzione i luoghi ad alta affluenza e gli ambienti chiusi in genere.
Come contrastare il rischio biologico e sanificare gli ambienti chiusi
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